Bologna, una città dai mille volti, dove la bellezza dei portici e delle piazze storiche convive con le ombre di una periferia inquieta, fatta di sogni infranti e rabbia repressa. È in questo scenario, crudo e realistico, che Grazia Verasani ambienta “Iris di marzo. Una nuova indagine per Giorgia Cantini” (in uscita il 4 marzo 2025), un giallo che, pur avendo ricevuto un’accoglienza mista (3 stelle su 5), scava a fondo nelle pieghe oscure dell’adolescenza contemporanea.
Giorgia Cantini, investigatrice privata dal passato tormentato, è un personaggio ormai familiare ai lettori della Verasani. Questa volta, il suo incarico è apparentemente semplice: sorvegliare Libero, un adolescente problematico, figlio di una madre preoccupata. Ma, come spesso accade nei romanzi della Verasani, la superficie nasconde abissi di complessità.
Libero e la sua “baby gang” sono il ritratto di una generazione smarrita, che cerca rifugio nell’alcol, nelle droghe e in una musica che è al tempo stesso valvola di sfogo e colonna sonora di una vita senza prospettive. Hicham, Charlie, e soprattutto Iris: nomi che diventano simboli di un disagio diffuso, di una gioventù “bruciata” che sembra non trovare posto in una società che la ignora o la giudica.
Iris, in particolare, è una figura che cattura l’attenzione. Sfrontata, ambiziosa, con un sogno di celebrità che cozza con la realtà di una vita fatta di festini squallidi e di rapporti con uomini più grandi. La sua morte, violenta e prematura, è il detonatore di un’indagine che si snoda tra i vicoli bui di una Bologna lontana dalle cartoline turistiche.
La Verasani ha il merito di non giudicare. Non ci sono buoni o cattivi, in “Iris di marzo”. Ci sono personaggi complessi, con le loro fragilità, le loro contraddizioni, i loro errori. Giorgia Cantini, con il suo sguardo disincantato ma non privo di empatia, si muove in questo microcosmo con la determinazione di chi vuole capire, non solo di chi vuole trovare un colpevole.
La sua indagine parallela a quella della polizia (guidata dall’ispettore Severi, con la supervisione dell’ex di Giorgia, Luca Bruni) è un viaggio nell’anima di una generazione perduta. Un viaggio che, pur non offrendo risposte facili, ci costringe a confrontarci con una realtà scomoda, con un “marzo che non vuole saperne di lasciarsi l’inverno alle spalle”, metafora di un disagio che sembra non avere fine.
“Iris di marzo” forse non è il romanzo più riuscito della Verasani (come suggerisce il punteggio medio delle recensioni). Ma ha il pregio di affrontare temi importanti, di raccontare una storia che, pur nella sua crudezza, è profondamente umana. È un libro che ci invita a guardare oltre le apparenze, a cercare di comprendere le ragioni di una rabbia che, troppo spesso, esplode in tragedia. Un libro che, pur lasciando un senso di amarezza, ci ricorda l’importanza di non voltare le spalle a una gioventù che, più che di giudizi, ha bisogno di ascolto e di speranza. E di chiederci, come mai una ragazza piena di vita e di sogni è finita cadavere in un carrello di supermercato. Un libro necessario.