“Istella mea” di Ciriaco Offeddu (in uscita il 12 febbraio 2025) non è semplicemente un romanzo; è un’evocazione. È il canto di una Sardegna antica e profonda, che risuona tra le pagine con la forza di un vento ancestrale, capace di spazzare via la polvere del tempo e rivelare un mondo dove il reale e il magico danzano insieme, in un abbraccio indissolubile. Un’opera che ha già raccolto consensi significativi (4,6 stelle su 56 voti e la posizione di #1 in Narrativa metafisica e visionaria), e che si candida a diventare un punto di riferimento per chi cerca, nella letteratura, qualcosa di più di un semplice intrattenimento.
Offeddu ci trasporta nella Nuoro degli anni ’60, un microcosmo in cui le tradizioni millenarie convivono con i primi segni di una modernità incombente. È un mondo di pastori e cavalieri, di leggende sussurrate a bassa voce, di donne forti e misteriose. In questo scenario, quasi sospeso nel tempo, si dipana la storia di Rechella e Martino, due giovani anime destinate a incontrarsi e ad amarsi, ma anche a confrontarsi con forze oscure e ancestrali.
Martino, il ragazzo capace di volare, è una figura che incarna la purezza dell’infanzia, la libertà di un’immaginazione che non conosce limiti. Il suo volo non è solo una metafora, ma un vero e proprio atto magico, che lo connette al cielo e alla terra, al passato e al futuro. È un personaggio che richiama alla mente il Pedro Páramo di Juan Rulfo, ma anche il Melquiades di “Cent’anni di solitudine”, figure sospese tra realtà e sogno, portatrici di un sapere antico e misterioso.
Ma è la figura di Jaja, la nonna di Martino, a dominare la scena con la sua presenza enigmatica e inquietante. Jaja è la custode di un sapere antico, di una tradizione orale che si tramanda di generazione in generazione. Ma è anche l’incarnazione della sùrbile, la vampira del folklore sardo, una figura che incarna il lato oscuro del femminile, la forza distruttiva del dolore e della vendetta. Offeddu, con grande maestria, riesce a rendere Jaja un personaggio complesso e sfaccettato, lontano dagli stereotipi del genere. Non è una semplice “cattiva”, ma una donna segnata da una profonda sofferenza, da una solitudine che la porta a succhiare l’energia vitale degli altri per colmare il proprio vuoto interiore.
Il confronto tra Jaja e Rechella è il cuore pulsante del romanzo. Due modelli di femminilità opposti, due modi diversi di affrontare il dolore e la perdita. Rechella, con la sua forza, la sua determinazione, la sua capacità di amare incondizionatamente, rappresenta la speranza, la possibilità di redenzione. È una figura che richiama alla mente le grandi eroine della letteratura, da Antigone a Lucia Mondella, donne capaci di affrontare le avversità con coraggio e dignità.
“Istella mea” è un romanzo che si muove su più piani. È una storia d’amore e di avventura, un romanzo di formazione, un’indagine sul male e sulla possibilità del bene. Ma è anche, e soprattutto, un omaggio alla Sardegna, alla sua cultura, alle sue tradizioni, alla sua anima profonda. Offeddu, con una scrittura lirica e potente, riesce a farci sentire il profumo del mirto e del lentisco, il suono dei campanacci, il calore del sole sulla pelle. Ci fa percepire la forza del vento, che spazza le montagne e le pianure, portando con sé l’eco di un passato che non vuole essere dimenticato.
L’ambientazione, che si sposta dalla Sardegna all’Argentina degli emigrati, arricchisce ulteriormente la narrazione, introducendo temi come lo sradicamento, la nostalgia, la ricerca di identità. L’Argentina diventa, così, lo specchio di una Sardegna lontana, un luogo dove i sogni e le speranze si scontrano con la dura realtà dell’esilio.
Offeddu si inserisce nel solco della tradizione del realismo magico, ma lo fa con una voce originale e personale. Non si limita a imitare i grandi maestri del genere (da Gabriel García Márquez a Isabel Allende), ma crea un universo narrativo unico, in cui il fantastico si intreccia con il reale in modo naturale, senza forzature.
“Istella mea” è un romanzo che parla di perdita e di rinascita, di dolore e di speranza, di male e di bene. È un libro che ci invita a riflettere sulla nostra umanità, sulla nostra capacità di amare, di perdonare, di lottare per ciò in cui crediamo. È un’opera che, come un sogno, ci cattura e ci trasporta in un mondo altro, lasciandoci, al risveglio, con una sensazione di meraviglia e di inquietudine. Un’opera destinata a rimanere impressa nella memoria del lettore, come il canto di una sirena, come il volo di un uccello, come il sussurro del vento tra le rocce di una Sardegna senza tempo. Un libro che non si legge soltanto, si vive.